Roche Share+ social media summit

Dicembre 4, 2012 in Eventi pharma di Oscar Lambrughi

Se trovi interessante questo articolo, iscriviti alla Newsletter mensile di Digital Pharma.
Lascia l’indirizzo email nel box a destra e sarai sempre aggiornato sul mondo del marketing e della comunicazione farmaceutica.

Uno dei temi ricorrenti è la crescente propensione dei pazienti a ricercare informazioni su internet e dei maggiori sforzi che le aziende farmaceutiche fanno per riuscire a coinvolgere questa popolazione digitale. Ecco un’iniziativa, che non si rivolge ai singoli ePatients, ma che riguarda le intere patient communities online.

e-patientA settembre Roche ha organizzato nel Regno Unito una conferenza intitolata Roche Share+ social media summit, che aveva come scopo proprio quello di coinvolgere le comunità di pazienti più o meno avvezze al web e di spingerle a sfruttare al meglio le potenzialità dei canali informativi digitali.

A partire da un report di Third Sector, Roche ha selezionato le comunità di pazienti da coinvolgere nel workshop.
Roche ha volutamente coinvolto delle comunità più e meno abituate all’utilizzo dei social media e comunità che si occupano anche di aree terapeutiche estranee a quelle di interesse aziendale.
Attraverso incontri come Share+ e sostenendo le associazioni dei pazienti nell’utilizzare i canali digitali, è possibile garantire che esse siano presenti nei luoghi in cui gli e-pazienti ricercano informazioni e di conseguenza possano aiutarli a svolgere efficacemente la loro funzione di sostegno.

Sempre per quanto riguarda i problemi che le associazioni di pazienti online devono affrontare, è emersa la difficoltà di selezionare il mezzo comunicativo più efficace fra tutti quelli che la rete mette loro a disposizione. David McCormick, il direttore di Roche digital UK, afferma infatti che “non si tratta di cercare di fare tutto in una volta, ma di selezionare quei canali rilevanti per il pubblico target a cui le comunità vogliono comunicare”.
Un altro punto fondamentale è quello della necessità di rassicurare le patient communities, che il web è un ambiente sicuro e non costituisce solo un rischio enorme che vanno ad assumersi.
Anche se questa è la prima conferenza di questo tipo svolta da Roche, McCormick vorrebbe organizzarne una anche l’anno prossimo, una volta che avrà esaminato tutti i commenti dei partecipanti. Egli afferma che “lo spazio si sta evolvendo così in fretta e così anche il modo in cui i pazienti si rapportano alla tecnologia. Fornire loro un forum in cui possano discutere di come vogliono e vorrebbero utilizzare il canale digitale è fondamentale e lo diverrà ancor di più in futuro.
Passiamo ora a esaminare i principali punti evidenziati durante il workshop con i patient groups.
Le principali difficoltà emerse durante la discussione sono:

  • Come rendere i siti web di facile utilizzo per gli anziani;
  • Come sviluppare politiche di utilizzo dei social a livello locale;
  • Come costruire comunità di pazienti online per poter richiedere in modo più efficace un miglior accesso ai farmaci e ai servizi sanitari.

In particolare, Diarmaid O’Sullivan di Older & Bolder,un’associazione irlandese che promuove i diritti degli anziani, racconta come si è potuta sviluppare la loro presenza su Twitter. La principale difficoltà secondo O’Sullivan è stata quella di rispettare le rigide regole di comunicazione dell’associazione, senza però perdere l’umanità della voce dell’interlocutore su Twitter. Quindi, c’è voluto un po’ di tempo, con diversi tentativi ed errori, per trovare una voce umana adatta ad interagire con altri utenti di Twitter, ma il problema è stato superato solo sondando il terreno e osservando ciò che veniva attuato con successo dagli altri.
Invece per il Terrence Higgings Trust , associazione a supporto dei pazienti affetti da HIV, il problema principale è dato dalla varietà dei soggetti con cui si comunica. Il direttore web Peter  Kelly afferma: “abbiamo diverse audience che si differenziano in base a fattori demografici quali per esempio l’essere affetti dal virus, piuttosto che essere soggetti a rischio a cui vengono offerte informazioni per la prevenzione.” Kelly prosegue dicendo “lavoriamo molto con la comunità gay e con la comunità africana, ma attualmente la maggior parte dei nostri messaggi potrebbero essere rilevanti per qualsiasi individuo sessualmente attivo. Conseguentemente a ciò dobbiamo prestare molta attenzione a come comunichiamo con tutti questi gruppi. La nostra sfida consiste nel segmentare i nostri canali social, senza però che nessuno di questi gruppi si senta emarginato e relegato a un canale di nicchia. Il nostro obiettivo è quello di comunicare con tutti attraverso il nostro canale principale, ma allo stesso tempo crediamo sia necessario spostarci in varie direzioni.”

 

Superare se stessi

epatientUn altro punto citato più volte è quello della limitatezza delle risorse a cui possono attingere queste comunità, portandole spesso a dove scegliere un limitato numero di canali o di conversazioni su cui/a cui partecipare.

Nonostante questo, il direttore della comunicazione dell’associazione Beating Bowel Cancer ha affermato che proprio grazie all’utilizzo dei social media, hanno potuto superare se stessi, generando un supporto peer-to-peer per il quale erano gli stessi pazienti ad aiutarsi l’un l’altro. “Una delle cose che abbiamo avuto modo di fare è stata ascoltare quelle conversazioni e vogliamo pensare ai social media come un mezzo per espandere la nostra base: a 40.000 persone ogni anno viene diagnosticato il cancro intestinale e noi stiamo parlando appena al 10 per cento di loro, se non meno.”
L’associazione ha 7.000 followers su Twitter e conduce ogni mese una chat live di un’ora sul social network per poter capire quali siano gli argomenti che più stanno a cuore alla comunità di pazienti. Inoltre la Beating Bowel Cancer ha una community molto attiva di pazienti, in cui sono riusciti a sviluppare un meccanismo di “patient champioship” molto efficace, ovvero i pazienti più esperti della malattia e che ne sono affetti da più tempo offrono consigli a coloro a cui è stata appena diagnosticata, generando così un valore aggiunto per coloro che ricercano informazioni sulla malattia.
Per poter fare tutto ciò, l’associazione ricorre ad un direttore digital, il cui ruolo è quello di monitorare le conversazioni su Facebook e Twitter e al contributo di diversi infermieri che si occupano di rispondere alle domande poste nel forum.

 

Il ruolo delle aziende farmaceutiche

Dato che l’evento è stato organizzato e sponsorizzato proprio da un’azienda farmaceutica, non si è potuto non discutere anche del fatto che possa venire o meno apprezzato il coinvolgimento di queste aziende su temi relativi alle comunità autonome di pazienti.
In generale, anche se le prospettive degli attori coinvolti, ovvero le associazioni e le aziende, sono diverse, entrambi lavorano per migliorare lo stato di salute dei pazienti. Di conseguenza un’iniziativa come Share+ non può che essere vista positivamente se gli obiettivi comuni sono quelli di dare maggior potere ai pazienti e di ascoltare ciò che hanno da dire.
Inoltre, ogni iniziativa che mette in relazione delle organizzazioni che forniscono informazioni sulla salute non può che apportare miglioramenti, grazie alla possibilità di avere una chiara visione d’insieme. Permettendo a gruppi diversi, che lavorano in realtà differenti, di confrontarsi fra loro è quindi possibile condividere idee innovative e cercare di soddisfare i bisogni latenti dei pazienti che fino a ora non sono stati considerati.