I tool collaborativi: social network aziendali e innovazione

Giugno 8, 2012 in Social media di Oscar Lambrughi

Se trovi interessante questo articolo, iscriviti alla Newsletter mensile di Digital Pharma.
Lascia l’indirizzo email nel box a destra e sarai sempre aggiornato sul mondo del marketing e della comunicazione farmaceutica.

health care social media reportSecondo quanto è emerso dal report di aprile 2012 “Social media “likes” healthcare” di PriceWaterhouseCooper che abbiamo analizzato nel post precedente, i social media devono essere utilizzati come fonte di business intelligence sia all’interno dell’azienda, coinvolgendo le varie funzioni aziendali e gli stakeholder interni, sia all’esterno, impegnando attivamente i pazienti, i caregiver e i medici.

In questo articolo vi parlerò della collaborazione interna all’azienda, ovvero delle strutture organizzative e dei tool collaborativi che sono alla base della collaborative business intelligence definita come l’utilizzo di software collaborativi (es. Lotus Notes o Microsoft Meetings) per condividere e istituzionalizzare le informazioni quantitative (strutturate) e qualitative (non strutturate), che altrimenti andrebbero perse nel momento in cui i dipendenti dovessero lasciare l’azienda.

 

Il trend più evidente che emerge da diversi anni è quello della gestione delle informazioni e della collaborazione interna alle aziende, attualmente il tema è stato riproposto alla luce delle innovazioni tecnologiche, in particolare web sociale, mobile e cloud computing, che modificano gli scenari collaborativi e forniscono nuove opportunità e sfide alle aziende.

La comunicazione interna utilizza oggi strumenti del web 2.0.:

    • Desktop Alerts per avere la certezza che messaggi importanti vengano visualizzati da tutti i dipendenti sul desktop
    • Staff Genereted E-Mags per condividere un documento tra più dipendenti
    • Scrolling News Feeds per dare news ai dipendenti tramite RSS feed
    • Employee Blogs, Forum per condividere informazioni e favorire la comunicazione
    • Social network interni.

I social network interni sono veri e propri strumenti per la comunicazione, la gestione e l’organizzazione aziendale. Aiutano le aziende a funzionare in modo più efficace, permettendo di gestire processi e competenze, di riconoscere nuove opportunità e di coordinare le risposte adeguate.
Il mutamento della cultura aziendale è, però, una condizione necessaria perché si stabilisca un ambiente favorevole allo scambio di idee e allo svilupparsi di soluzione innovative. La presenza di social network aziendali non coinvolgono solo l’aspetto tecnologico, non dipende esclusivamente dalla tipologia dei software utilizzati al suo interno, ma è soprattutto dovuta al fatto che solamente quando si attuano delle trasformazioni di cultura organizzativa è possibile raggiungere dei risultati eccellenti in termini di innovazione.

“A pratical Guide to Social Networks”

Novartis nel 2011 si è classificata prima nel ranking “most admired companies” di Fortune 100 per l’industria farmaceutica e il fattore più importante del suo successo è stato proprio quello dell’innovazione.
Ecco allora che oggi voglio illustravi il caso di Novartis, proprio per sottolineare l’importanza dei social network interni all’azienda.
Riprendo quindi un articolo pubblicato sulla Harvard Business Review del maggio del 2005A pratical Guide to Social Networks” di Rob Cross, Jeanne Liedtka e Leigh Weiss.
Se nella prima parte l’articolo propone una classificazione delle tre strutture ricorrenti di social network interni a partire dall’analisi di più di 60 network aziendali in vari settori, approfondisce poi il caso Gleevec di Novartis.
Il case risale al 2001, ma questi cambiamenti della cultura aziendale non sono immediati, né possono occorrere nel breve periodo, quindi per far sì che il quadro divenga completo, è inevitabile che si debba osservare il lungo periodo per poterlo giudicare in relazione ai risultati attuali.

Le tre tipologie di social network

  1. Customized response.
    Network utilizzati in situazioni in cui sia i problemi che le soluzioni sono complesse e che devono favorire una rapida coordinazione delle competenze per risolvere in modo innovativo il problema. Vengono usati per esempio dalle aziende che sviluppano nuovi prodotti, banche d’investimento, team di sviluppo di farmaci allo stadio iniziale e agenzie di consulting strategico-
  2. Modular response.
    Network che favoriscono di identificare i componenti di un problema e di affrontarli con esperienza modulare. In questo caso il valore deriva dal saper fornire una risposta specifica a seconda delle diverse competenze richieste da un problema. Per esempio nel caso di équipe chirurgiche, studi legali, vendita business-to-business e nelle fasi intermedie di sviluppo di farmaci.
  3. Routine response.
    Network utilizzati in ambienti in cui il lavoro è standardizzato,che servono per coordinare in modo affidabile il personale, così da avere una risposta efficiente e sistematica a una serie di problemi convenzionali. Si tratta per esempio di call center, dipartimenti di agenzie assicurative che si occupano delle richieste di risarcimento e di team nelle fasi finali di sviluppo di farmaci.

Queste tre tipologie di network di creazione di valore per poter essere realizzati (sviluppati) richiedono che i manager preparino il contesto più consono in cui un determinato modello di comportamento si manifesta. Attenzione però: i dirigenti non devono forzare questi modelli di collaborazione all’interno dell’azienda, ma devono fare il possibile per creare un ambiente che permetta loro di emergere.

La customized response di Novartis

Nel 2001 Novartis ha ottenuto l’approvazione dalla FDA per la commercializzazione del Gleevec, un innovativo farmaco per il trattamento della Leucemia mieloide cronica (CML).
Lo sviluppo della piccola capsula arancione non sarebbe stato possibile senza alcune importanti relazioni esterne e interne all’azienda Novartis.
Alex Matter, l’ex dirigente della ricerca oncologica di Novartis, aveva infatti già iniziato a lavorare a questo farmaco prima della fusione di Sandoz e Ciba-Geicy. Matter stava ancora lavorando alla Ciba-Geicy in Svizzera quando iniziò ad ipotizzare che alcuni enzimi, chiamati chinasi, potessero avere un effetto sullo sviluppo del cancro.
In quel periodo la maggior parte degli scienziati sosteneva che fosse impossibile sviluppare un composto in grado di attraversare la membrana di una cellula e di raggiungere le chinasi, ma Matter era deciso e i suoi contatti esterni l’hanno aiutato a mostrargli la strada corretta.
Il dottor Brian Ducker è stato senza dubbio il contatto esterno maggiormente d’aiuto. Ducker è un medico oncologo che ai tempi stava lavorando allo stesso problema di Matter presso la clinica Dana Farber a Boston e che ha rivelato a Matter che il CML era la tipologia di cancro che sarebbe stata più ricettiva all’approccio che stava studiando. Negli stadi successivi allo sviluppo del farmaco, Matter e il suo team hanno fatto poi ricorso ad altri contatti esterni per identificare potenziali ospedali dove condurre i loro test clinici.
I contatti interni a Novartis, però, sono stati altrettanto determinanti per lo sviluppo del Gleevec.
I fitti network di relazioni interne hanno consentito, in fase di sviluppo, di svolgere delle sessioni di brainstorming che coinvolgessero anche membri provenienti da discipline scientifiche distinte, come ad esempio chimica o biologia. Inoltre, il successo nella fase di produzione è stato costruito sulla base di sane relazioni interne fra membri del global development team in Svizzera e il team di produzione in Irlanda. Per esempio, per accontentare la domanda, l’azienda ha sviluppato una modalità nuova per produrre il Gleevec da subito in grandi quantità in Irlanda, anziché produrlo dapprima in piccole quantità in Svizzera come di consueto. Solamente questo cambiamento è stato in grado di accorciare di un anno l’abituale programma di produzione. Tuttavia occorre sottolineare che tale cambiamento non sarebbe stato possibile senza l’esistenza di network di fiducia che si estendono oltre i confini geografici ed è doveroso indicare che queste relazioni, che permettono di sviluppare soluzioni innovative a problemi complessi, non si sono sviluppate autonomamente, ma sono frutto delle decisioni strategiche del management che hanno permesso che fiorissero all’interno di Novartis.
Ma quali sono state le decisioni strategiche alla base dell’efficienza del network?

  • In primo luogo, la struttura organizzativa di Novartis è stata volutamente progettata per avere dei confini permeabili. L’unità aziendale globale di oncologia, per esempio, comprende le funzioni di marketing, vendite e ricerca situate in località geografiche differenti.
  • Secondo, mentre i processi di pianificazione di molte aziende ,senza volerlo, costringono i dirigenti delle unità funzionali o aziendali a focalizzarsi sui propri obiettivi, Novartis adotta un approccio diverso. L’azienda spinge, infatti, i dirigenti a prendere in considerazione i modi in cui una combinazione unica di competenze, sia interne che esterne all’azienda, possa contribuire a creare delle nuove opportunità di mercato a cui poter rispondere. Ad esempio l’azienda costituisce abitualmente delle alleanze strategiche con partner del proprio settore e con le istituzioni accademiche per lo sviluppo di nuovi prodotti, per acquisire piattaforme tecnologiche e per accedere a nuovi mercati. In Novartis gli scienziati impiegati nelle aree dedicate a specifiche malattie lavorano fianco a fianco attraversando i confini tradizionali che li separerebbero in altre aziende e ,così facendo, condividono intuizioni che riguardano i meccanismi di determinate malattie e anche alcune potenziali sovrapposizioni delle cause di malattie che sembrerebbero clinicamente non correlate. L’approccio sopracitato li mette in condizione di focalizzarsi su nuove opportunità che potrebbero sorgere.
  • Terzo, Novartis è in grado di mantenere un delicato equilibrio tra rigorosa produttività e protezione della creatività individuale dei propri dipendenti ai quali viene lasciata la possibilità di sperimentare ed essere innovativi. Per esempio, quando è stato criticato internamente che la popolazione dei pazienti affetti di CML era troppo ristretta per giustificare un tale investimento, il CEO Daniel Vasella supportò a gran voce e finanziariamente gli sforzi del team. Inoltre Vasella riorganizzò le priorità di tipo organizzativo in modo tale da aiutare il team di Matter, per esempio quando vi era la necessità di ridurre i tempi di produzione del Gleveec, ha appoggiato la decisione di spostare immediatamente la produzione in Irlanda per raggiungere gli obiettivi. In generale, i manager di Novartis vengono incoraggiati ad aiutare i colleghi più giovani a creare connessioni, sia all’interno che all’esterno dell’azienda, e a proteggerli nei lunghi periodi di minore produttività. Quest’approccio sembrerebbe funzionare dato che la pipeline Novartis è giudicata come una delle più promettenti del settore , con 130 progetti in fase di sviluppo, di cui 66 riguardanti nuove entità molecolari. Un ulteriore esempio del frutto delle collaborazioni dell’azienda è l’enciclopedia Cancer Cell Line Encyclopedia (CCLE), lanciata nel marzo di quest’anno, in cui sono catalogati i profili genetici e molecolari di quasi 1.000 linee cellulari tumorali umane utilizzate nella ricerca e nello sviluppo dei farmaci.
  • Infine, Novartis investe moltissimo in tecnologia per aiutare i propri dipendenti a gestire l’enorme quantità di dati e conoscenze, creando un ambiente privilegiato per i propri ricercatori. Infatti in azienda vi sono database completi che aiutano gli scienziati ad assimilare i molteplici dati provenienti dall’esterno e strumenti collaborativi che facilitano la diffusione di conoscenze tra gli esperti. Coerentemente con l’impegno a creare un’atmosfera per una efficace collaborazione che produrrà farmaci innovativi, Novartis ha deciso di convertire la sua sede a Basilea, in Svizzera, da complesso industriale a campus con varie aree di incontro per favorire lo spontaneo scambio di idee.